«La Dottrina Sociale della Chiesa – ricorda il vescovo in un’intervista all’agenzia vaticana Fides – non ha mai avallato queste forme radicali e ideologiche di ecologismo, per due ragioni. Innanzitutto, perché subordinano l’uomo a una presunta centralità della natura; in questa prospettiva tutto, uomo compreso, deve girare attorno alla natura, considerata come il centro verso cui tutto deve convergere. La seconda ragione è che certe forme radicali di ecologismo rischiano di bloccare lo sviluppo, soprattutto di mettere in discussione il diritto allo sviluppo dei paesi poveri». «Diverse volte – rileva monsignor Crepaldi – il Santo Padre è intervenuto sulle questioni ambientali con due parole importanti della Sacra Scrittura: l’uomo è chiamato a custodire e a coltivare la Terra. Questi verbi ci dicono che è inaccettabile uno sfruttamento dissennato delle risorse e anche che la Terra è un bene dato da Dio all’uomo per essere coltivato con spirito di equità e di solidarietà, perché i suoi beni hanno una valenza e un valore universale: lo sviluppo deve cioè soddisfare i bisogni della generazione presente senza però compromettere il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni future». Secondo monsignor Crepaldi, «la politica deve recuperare la capacità di discernimento ed essere libera da condizionamenti di carattere ideologico da una parte e affaristico dall’altra, soprattutto nei paesi sviluppati. Basti pensare al capitolo dei rifiuti. C’è veramente il rischio che il tema della salvaguardia del creato venga affrontato unicamente in termini di business».
Il segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, monsignor Crepaldi: «Niente catastrofismi. E la politica sia libera da condizionamenti ideologici e affaristici»
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