Gli uomini cambiano: non cambiano mai solo i postcomunisti che si portano dietro i propri miti irrisolti.
Aspro dibattito sotto la Quercia
Le irrisolte contraddizioni che Sofri si trascina
Giorgio Ferrari
Sarà l'eredità tutt'altro che dissipata della doppiezza togliattiana; sarà quel meraviglioso ossimoro che faceva del Pci berlingueriano un partito di lotta e di governo; sarà quella predisposizione junghiana (loro che Carl Gustav Jung lo odiavano, perché Freud era considerato un "compagno" e il suo allievo deviato un mezzo reazionario) all'esibizione dei propri nodi irrisolti e alla duplicità dell'essere; fatto sta che quando c'è di mezzo Adriano Sofri a sinistra esplodono - marxianamente - le contraddizioni con implacabile regolarità. Siano i deliqui innocentisti di Antonio Tabucchi piuttosto che i balbettii devoti di Gad Lerner, Sofri ha il privilegio quasi taumaturgico di riassumere e mettere a nudo ciò che di imbarazzante la sinistra (intesa come un arco ideologico che va dagli ex ai neocomunisti fino agli anarco-insurrezionalisti e ai pietosi reduci come Scalzone e Toni Negri) conserva nel proprio seno.
E puntualmente è accaduto l'inevitabile due giorni fa all'assise diessina incaricata di partorire la mozione congressuale che dovrebbe condurre (o traghettare, visti i ripetuti cambi di pelle) il partito di Piero Fassino nelle braccia promettenti del futuro partito democratico.
Inevitabile che fra gli invitati vi fosse un personaggio come Olga D'Antona, vedova dell'economista ucciso dalle Brigate Rosse. La signora D'Antona era presente a pieno titolo: è un deputato diessino, una vittima del terrorismo. Come lo era Carol Beebe Tarantelli, vedova del professor Ezio Tarantelli, professore di Economia politica all'Università di Roma, presidente dell'Istituto di Studi Economici e del lavoro della Cisl, assassinato da un commando delle Br mentre saliva sulla sua auto davanti all'Università al termine della sua lezione. Anche la signora Beebe Tarantelli è stata deputata del Pds. E anche Maria Rosa Villecco, vedova del funzionario del Sismi Nicola Calipari è senatrice dell'Ulivo, eletta in Calabria nel 2006.
Sono scelte politiche - quelle - assolutamente condivisibi li: una vittima del terrorismo che diventa parlamentare, testimone e militante insieme di un diverso stile di vita, di una diversa concezione della lotta politica. I post-comunisti sono specializzati in operazioni di questo tipo.
Ma come spiegare allora quell'invito sul palco per Adriano Sofri? Proprio lui è lì a dar lezioni? Lui il "cattivo maestro", lui che faceva apologia della brutale esecuzione di Calabresi, lui che non riesce mai a rinunciare (è lo stesso diessino Mussi a ricordarcelo) a quella iattanza, a quell'alterigia che rappresenta la sua qualità più prominente e che mette regolarmente in ginocchio (pardon: in riga) i più navigati dei leader politici? Sì proprio lui. C'è chi lo paragona a Sciascia o a Pasolini. E chi lo difende (è un suo diritto) come figura eminente della cultura italiana e chi, come il segretario Fassino, proclama sicuro: «Gli uomini cambiano...».
Verissimo. Chi non cambia mai è questa classe dirigente postcomunista, che si porterà dietro i propri miti irrisolti (e le proprie macroscopiche contraddizioni) fino alla fine dei propri giorni senza riuscire a fare davvero i conti con il passato.
Fonte: Avvenire 9 Febbraio 2007
Pace a colui che ha scritto e a chi legge.
Pace a coloro che amano il Signore
in semplicità di cuore.
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