martedì 15 settembre 2009

La Cetra di Elia. http://twitter.com/EliadellaCroce

Il buon cervello si costruisce leggendo
intervista Avvenire
2500 anni fa Socrate ne temeva gli effetti, oggi sono Internet e gli Sms a minacciare la parola scritta. Parla la neuroscienziata Maryanne Wolf


DI ANDREA L AVAZZA
Non sia­mo nati per leg­gere. E Socrate, quasi 2500 anni fa, temeva per gli effetti della pa­rola scritta. Il fi­losofo greco muoveva tre o­biezioni al pas­saggio dall’ora­lità a una nuova forma di tra­smissione del sapere. In primo luogo, la scrittu­ra congela la parola, le toglie vitalità e duttilità. Mettere le idee su perga­mena (o carta) distruggerebbe poi la memoria del singolo individuo, ne indebolirebbe la capacità di ap­prendere e ragionare. Infine, la scrit­tura porterebbe a una perdita di con­trollo sul linguaggio. Nel Protagora
platonico, il suo personaggio dice: «Una volta scritta, la composizione, qualunque sia, si diffonde ovunque, finendo in mano non solo a quelli che la capiscono ma anche a coloro che non sono fatti per lei». Perples­sità che adesso possono farci sorri­dere, di fronte all’avanzata dell’era digitale.
Ma è proprio oggi che «scopriamo quanto le argomentazioni di Socra­te siano da riprendere e trasportare sul fronte di una nuova transizione», avverte Maryanne Wolf, neuro­scienziata americana, docente alla Tufts University (vicino a Boston) e direttrice del Center for Reading and Language Research. Tra le massime esperte di neurobiologia della lettu­ra e dei disturbi correlati (la disles­sia), Wolf è in Italia per presentare il suo libro appena tradotto nella no­stra lingua e partecipare ad alcuni convegni (vedi box qui sotto). «Ra­gazzi che passano gran parte del lo­ro tempo a navigare su Internet e a mandare messaggi sms rischiano di perdere tutte quelle capacità che so­no legate inestricabilmente alla let­tura della parola stampata, prima fra tutte la 'profondità' della cono­scenza e della riflessione. Avremo generazioni di persone superficiali? Ancora non lo sappiamo con cer­tezza, stiamo studiando che cosa ac­cade sia a livello cerebrale sia a li­vello dei comportamenti. Tuttavia, già ora vediamo che questo rischio esiste».
Professoressa Wolf, in che senso non siamo nati per leggere?
«La scrittura, forse l’invenzione più geniale dell’uomo, risale ad appena seimila anni fa in Mesopotamia, quando i sumeri adottarono i carat­teri cuneiformi. E all’origine della capacità del cervello umano di im­parare a leggere c’è la sua straordi­naria plasticità, cioè la possibilità di creare nuovi collegamenti tra strut­ture e circuiti preposti in preceden­za ad altri, più basilari, processi ce­rebrali, che hanno una storia evolu­tiva molto, molto più lunga, come la vista e la lingua parlata».
In particolare, che cosa accade nel cervello quando impariamo a leg­gere?
«Ogni volta che acquisiamo una nuova capacità, i neuroni creano nuovi collegamenti e vie nervose. Quando ci sforziamo di imparare a leggere, il nostro cervello cambia per sempre, sia dal punto di vista fisio­logico, sia dal punto di vista intellet­tuale. A livello neuronale, chi impa­ra a leggere il cinese utilizza un par­ticolare gruppo di collegamenti tra cellule nervose che in modi signifi- cativi differisce da quelli impie­gati da chi legge l’inglese. Quan­do un lettore ci­nese tenta di leg­gere l’inglese, il suo cervello all’i­nizio prova a u­sare le vie nervo­se su cui si basa la lettura del ci­nese. E anche dal punto di vi­sta della nostra personalità pos­siamo dire che siamo quello che leggiamo».
Almeno fino a qualche anno fa. I giovani delle so­cietà occidentali sembrano immer­si nella comunicazione digitale e poco inclini alla lettura...
«Sono stata recentemente in Corea del Sud, dove l’elettronica, dai cel­lulari a Twitter, ha un grado altissi­mo di diffusione. I ragazzi seduti ac­canto si mandano messaggini piut­tosto che rivolgersi la parola, al pun­to che secondo alcuni genitori non è eccessivo parlare di dipendenza da questo tipo di comunicazione e di necessità di disintossicare di tanto in tanto i giovani. Per questo serve ri­chiamare Socrate e le sue obiezioni. Non perché avesse ragione, ma per­ché sono un’utile avvertenza in que­sto frangente. Con i media digitali muta il nostro ambiente culturale e cambia anche, letteralmente, il cer­vello dei loro utilizzatori».
L’opinione di molti è che vi sia un ar­ricchimento con i nuovi media, che la conoscenza sia più diffusa, viag­gi più velocemente. E che i giovani siano più dinamici e informati og­gi rispetto al passato…
«Certamente Internet e tutto ciò che vi è correlato porta una democratiz­zazione del sapere cui non vorrem­mo rinunciare. Il punto, però, è non perdere ciò che di importante e pre­zioso ci dà la lettura tradizionale. Leggere è un’esperienza sensoriale, che richiede tempo e concentrazio­ne. È andare al di là del testo con la meditazione, ci dà profondità di ri­flessione, capacità di focalizzarci su un tema, di sviluppare un’argomen­tazione con passaggi concatenati... Nel sovraccarico dell’informazione digitale, che per sua natura si pre­senta di fruizione facile e veloce, ri­schiamo di sviluppare un approccio superficiale, nel senso letterale, cioè incapace di andare al di là di pochi semplici elementi sconnessi tra lo­ro e continuamente mutevoli».
Avremo conseguenze sociali se con­tinuerà questa tendenza? Che con­tromisure possiamo mettere in at­to?
«Sappiamo da alcune ricerche che il cosiddetto multitasking, cioè l’im­pegnarsi in più compiti simultanea­mente, reso più agevole dalla tec­nologia, non accresce la nostra effi­cienza. Anzi, peggiora la nostra ca­pacità di attenzione e di concentra­zione. Lo vediamo anche con i bam­bini, quando sono bombardati da stimoli concorrenti diventano presto distratti e, paradossalmente, si an­noiano prima. Il loro cervello sicu­ramente è cablato in modo diverso da quello dei genitori alla loro età. A livello sociale, non possiamo anco­ra affermare che vi saranno conse­guenze irreversibili. Stiamo stu­diando il fenomeno con strumenti neurologici e monitorandone le ma- nifestazioni pubbliche. Già oggi, però, c’è un messaggio per genitori ed educatori».
Di che messaggio si tratta?
«Insegnate a leggere ai vostri figli e ai vostri allievi. Educateli fin da pic­coli ai piaceri e alla ricchezza della lettura. Più parole si sente leggere o rivolgere un bambino nei suoi primi anni, tanto maggiori saranno le sue abilità cognitive. La lettura annoia? I bambini oggi chiedono altro? È fal­so, all’inizio la lettura non annoia mai. Il problema è l’affollarsi di sti­moli alternativi (come la tv), che al cervello istintivamente piacciono di più perché sono più veloci e carichi di maggiori novità. Bisogna limitare tale concorrenza, senza proibire, ma imponendo – per così dire – una die­ta. Pensiamo alla similitudine con lo zucchero: ai bambini i dolci piac­ciono moltissimo, ma non possia­mo permettere che continuino a mangiarne».
L’importante, quindi, è che nella dieta ci sia una buona porzione di lettura...
«Sì, guai a perdere questo straordi­nario dono. Affianchiamogli pure al­tri modi e altre fonti di conoscenza, ma conserviamo la straordinaria conquista del nostro cervello».
«Leggere crea collegamenti neurologici che modificano per sempre la nostra mente. E chi non usa i libri rischia di essere incapace di andare oltre la superficialità»
Pontificia Facoltà Teologica TERESIANUM - Roma Scuola di mistagogia Iniziazione alla crescita personale in unione con Dio


La Comunità di Santa Maria della Vittoria promuove l'apprendimento, lo studio e la diffusione della Meditazione Cristiana ereditato dai Maestri Carmelitani e del Counseling Spirituale.
Via XX Settembre , 17 Roma
http://twitter.com/EliadellaCroce

Nessun commento: