giovedì 10 maggio 2007

DIO E' AMORE Kiekegaard

Carmelitani Scalzi - Provincia Romana dei Padri Carmelitani Scalzi - Via XX Settembre, 17

Cristo dice: "Neppure un passero cade a terra, senza la volontà del Padre" (Mt 10,29). Oh, io faccio un'offerta più umile ancora:davanti a Dio io sono meno di un passero. Tanto è più certo allora che Dio mi ama, tanto più saldamente si chiude il sillogismo: Si, lo Zar delle Russie, di lui si potrebbe forse pensare che Dio lo potrebbe trascurare: Dio ha tante altre cose da ascoltare! E lo Zar delle Russie è una cosa tanto grande: Ma un passero... no, no..., perchè Dio è amore, e l’amore si rapporta inversamente alla grandezza e all’eccellenza dell’oggetto. Quando ti senti abbandonato nel mondo, sofferente, quando nessuno si prende cura di te, tu concludi: “Ecco che Dio non si prende cura di me”. Vergognati, stolto e calunniatore che sei! Tu che parli così di Dio. No, proprio chi è più abbandonato sulla terra, quegli è più amato da Dio. Kiekegaard

Agli occhi di Platone - così come in generale dell'uomo greco - non può esservi eros senza il bello. Eros parte dal bello che si manifesta nel sensibile e giunge, nel suo momento culminante, alla visione e alla fruizione della vera Bellezza, del Bello supremo (che coincide con il Bene supremo). La Bellezza, nelle teorie platoniche, coincideva con la Forma (o Idea): era espressione di una «giusta misura», di rapporti armonici, di un ordine ontologico. Platone definiva Dio come «Misura suprema di tutte le cose», e intendeva il Bello come la sua suprema manifestazione.
In base a queste teorie molti pensano che, mentre Platone, nell'ottica ellenica - che è un'ottica della visione - poteva connettere l'Eros con la bellezza e considerare la bellezza stessa come fonte dell'Eros, non così potrebbe accadere per la concezione cristiana dell'amore, inteso nella dimensione della donazione. In realtà, anche l'amore come agape connette amore e bellezza, ma su un nuovo piano, e intendendo la bellezza in un senso capovolto, in una dimensione totalmente innovativa. L'Amore assoluto coincide con la Bellezza assoluta, che è la donazione assoluta. La Bellezza assoluta è l'Amore di Cristo, che si è donato all'uomo per la sua salvezza, e che si è «abbassato» al punto che anche il più misero di tutti i miseri potesse essere certo di essere amato da Lui e innalzato a Lui. In Cristo, dunque, si manifesta quel Bello nel fulgore massimo, che solo può salvare tutto e tutti in senso assoluto.
Kierkegaard sottolinea in modo perfetto il messaggio cristiano, che è il messaggio più dirompente di tutti i tempi: «Cristo dice: "Neppure un passero cade a terra, se nza la volontà del Padre" (Mt 10, 29). Oh, io faccio un'offerta più umile ancora: davanti a Dio io sono meno di un passero: tanto è più certo allora che Dio mi ama, tanto più saldamente si chiude il sillogismo. Sì, lo Zar delle Russie, di lui si potrebbe forse pensare che Dio lo potrebbe trascurare: Dio ha tante altre cose da ascoltare! E lo Zar delle Russie è una cosa tanto grande. Ma un passero... no, no..., perché Dio è amore, e l'amore si rapporta inversamente alla grandezza e all'eccellenza dell'oggetto. Quando ti senti abbandonato nel mondo, sofferente, quando nessuno si prende cura di te, tu concludi: "Ecco che Dio non si prende cura di me". Vergògnati, stolto e calunniatore che sei! Tu che parli così di Dio. No, proprio chi è più abbandonato sulla terra, quegli è più amato da Dio».
Ritroviamo lo stesso concetto mirabilmente riassunto in Memoria e Identità di Giovanni Paolo II: «Ma la passione di Cristo sulla croce ha dato un senso radicalmente nuovo alla sofferenza, l'ha trasformata dal di dentro. Ha introdotto nella storia umana, che è storia di peccato, una sofferenza senza colpa, affrontata unicamente per amore. È questa la sofferenza che apre la porta alla speranza della liberazione, dell'eliminazione definitiva di quel "pungiglione" che strazia l'umanità. È la sofferenza che brucia e consuma il male con la fiamma dell'amore e trae anche dal peccato una multiforme fioritura di bene». Questa è la vera Bellezza, la Bellezza che sola salverà: la Bellezza dell'Amore assoluto, che «brucia e consuma il male con la fiamma dell'amore».
E vorrei concludere con Agostino, che questi concetti esprime trasfigurandoli in dimensione lirica: «O Signore, io ti amo. Non ho dubbi, sono certo che ti amo. Tu hai percosso il mio cuore con la tua parola, e io ti ho amato. Ma il cielo e la terra e tutto ciò che è in essi, ecco, da ogni parte mi dicono di amarti, né cessano di dirlo a tutti, affinché non trovino scuse. (...) Ma che amo, amando te? Non una bellezza corporea, non una leggiadria transitoria, non un fulgore come quello della luce, che piace a questi occhi, non dolci melodie di canti d'ogni specie, non soave profumo di fiori, di unguenti, di aromi non manna e miele, non membra gioconde all'amplesso carnale. Non queste cose amo io, amando il mio Dio. E tuttavia amo, per così dire, una luce, una voce, un profumo, un cibo, un amplesso, quando amo il mio Dio, luce, voce, profumo, cibo, amplesso dell'uomo interiore che è in me, dove risplende all'anima mia una luce, che non è contenuta in un luogo, dove risuona una voce che il tempo non rapisce, dove odora un profumo che il vento non disperde, dove mi stringe un amplesso che la sazietà mai discioglie. Questo è quello che io amo, quando amo il mio Dio».
Ma può ancora, l'uomo di oggi, intendere questi messaggi e hanno ancora un valore per noi, nel nostro mondo, le parole di Platone?
Di Giovanni Reale

Pace a colui che ha scritto e a chi legge.

Pace a coloro che amano il Signore

in semplicità di cuore.




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