domenica 1 aprile 2007

La Cetra di Elia. http://twitter.com/EliadellaCroce



ANCHE SOLITUDINE E INQUINAMENTO COSTANO

Come inserire nelle statistiche i parametri non economici che creano felicità e sono alla base del benessere?

Di Paolo Lambruschi

Il re del Bhutan, piccolo e semisconosciuto stato himalayano, ha guadagnato qualche settimana fa la copertina del prestigioso settimanale Economist. Motivo? Vuole dedicarsi alle politiche che aumentino non il Pil, la ricchezza del paese, ma la felicità dei cittadini. Un piccolo segnale che qualcosa nel paludato e serioso mondo economico sta cambiando. Il classico sassolino da cui può nascere la valanga. Circoli accademici e prestigiose università da almeno 30 anni hanno elaborato teorie che misurano la «happiness» in economia. E da almeno un anno persino istituzioni come l'Ocse, l'organismo internazionale per la cooperazione e lo sviluppo dei paesi più avanzati, cominciano a prendere in seria considerazione la ridefinizione dei parametri di sviluppo di una nazione, includendo la dimensione sociale. Calcolando ad esempio nel Pil il valore delle politiche pro famiglia o quelle che agevolano le relazioni umane. Lunedì prossimo a Roma, presso l'università di Tor Vergata, partirà un convegno con Banca d'Italia, Ocse, Comunità europea e gli studiosi della cosiddetta «scuola italiana» dedicato alla misurazione della felicità. «Si tratta di un evento preparatorio - spiega Enrico Giovannini, capo del dipartimento statistico dell'Ocse- del forum mondiale di fine giugno a Istanbul, cui parteciperanno 900 tra economisti, statistici, leader politici, banchieri ed esponenti della società civile. Tema: la misurazione del progresso delle società. Ci porremo il problema di inserire parametri ambientali e sociali nei Pil». L'Ocse e in generale la comunità degli affari globale si stanno rendendo conto della necessità di rispondere a un bisogno sincero della società: misurare il benessere da un'ottica multidimensionale. La misura della ricchezza mondiale delle nazioni può essere rivoluzionata a breve? «No - conclude Giovannini - ma siamo agli inizi di un lungo percorso che arriverà a quel traguardo. Il punto cruciale è ragionare sul lungo termine e confro ntarsi». Per spiegare cosa c'entri la felicità con l'economia occorre tornare alla fine degli anni '60, quando dai questionari distribuiti in diversi paesi occidentali da un certo Cantril, psicologo sociale, emerse che, dopo la soglia di reddito che garantiva una vita dignitosa, la gente non si dichiarava più felice. Nacque da quell'intuizione un filone non più marginale da quando ha fruttato nel 2002 un Nobel per l'economia a Daniel Kahnemann. «Oggi - spiega Luigino Bruni, docente alla Bicocca di Milano ed esponente, con Leonardo Becchetti e Pierluigi Porta, della pattuglia italiana degli economisti della felicità - noto analogie con gli anni '80. Allora erano gli ambientalisti a sollecitare il calcolo dei danni ambientali dello sviluppo nel Pil. Questo modello produttivo inquina anche la dimensione sociale, i rapporti. Se sei disoccupato, trovare lavoro aiuta a diventare più felici perché aumentano diritti, libertà, istruzione. Ma nelle economie avanzate non riusciamo più a trasformare il bene in benessere. È il paradosso dell'infelicità. Non siamo contro il mercato. Ma la solitudine tra 10 anni potrebbe avere un costo economico insostenibile». A livello internazionale uno degli studiosi più noti è Alois Stutzer, docente dell'università di Basilea. Per lui uno dei capisaldi di una politica economica della felicità è la partecipazione civile. «Nei cantoni svizzeri - spiega - abbiamo rilevato che dove c'è democrazia diretta, quando ad esempio si indice un referendum, c'è maggiore soddisfazione popolare. Il positivo effetto della democrazia diretta sulla felicità è dovuto non solo all'eventuale vittoria, ma al processo di coinvolgimento». Agli studi sul valore delle relazioni famigliari si sta dedicando in particolare l'economista di Tor Vergata Leonardo Becchetti. «Abbiamo calcolato il valore della famiglia- sostiene Becchetti, presidente del comitato etico di Banca Popolare Etica, - il cui effetto netto di felicità si aggira attorno al 15% in più rispetto a chi è single. E chi è felicemente sposato ha statisticamente una salute migliore e un alto livello di realizzazione. Fanno eccezione i religiosi, altrettanto sani e anche più longevi. Per noi è la dimostrazione dell'esistenza di una legge naturale: tutto quanto è collegato con la socialità e la famiglia ha effetti importanti sulla felicità». Cosa chiede questa scuola economica alla politica? «Che l'approccio non sia basato solo sull'asse povertà-ricchezza, ma anche su politiche ambientali e famigliari. Dobbiamo preoccuparci delle conseguenze non economiche delle azioni economiche. Parlare ad esempio di lavoro femminile valutando l'impatto sulle relazioni con marito e figli, studiare tempi di conciliazione tra occupazione e famiglia, riconoscere il valore sociale ed economico del lavoro educativo con i figli. Servono politiche come l'introduzione del quoziente famigliare. I nostri studi dimostrano che se non aiuti la famiglia, è come se tu stessi mettendo una tassa progressiva sulla felicità».

Sabato 31 marzo 2007- Avvenire -

Pace a colui che ha scritto e a chi legge.

Pace a coloro che amano il Signore

in semplicità di cuore.

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