
Quel sospetto che vena la cultura moderna
Caro Direttore,
nell’ascoltare e leggere certe notizie e certi commenti, mi tornano alla mente le parole pronunciate dall’allora cardinale Joseph Ratzinger nell’università di Eichstätt nel 1988 (discorso pubblicato poi in "Svolta per l’Europa"). In quell’occasione, parlando di letteratura, arte e teatro, egli ebbe a dire: «Ciò che è grande e nobile desta a priori sospetto: dev’essere tolto dal suo piedistallo e ridimensionato. La morale viene presa per ipocrisia, la felicità per autoinganno. Chi si affida con semplicità alla bellezza e alla bontà o è di una colpevole ingenuità o persegue fini nascosti. Il sospetto è considerato il vero atteggiamento morale, lo smascheramento il suo maggior risultato».
Raffaele Vacca, Anacapri (Na)
Sono bellissime e profetiche le parole dell’allora cardinale Ratzinger che lei, caro professore, con la finezza che le conosciamo, ci rammenta e sottolinea. Parole che sono il documento di un umanesimo vero e profondo, fondato su quella suprema e inalienabile dignità che all’uomo deriva dall’essere creatura, plasmata a immagine e somiglianza di Dio. L’amore del Papa per il «pulchrum» come espressione del «verum» e del «bonum» è cosa che lascia ammirati: per apprezzarla, non è necessario rileggere la sua pur vasta produzione dottrinale e letteraria; basta ascoltare i suoi discorsi, e non necessariamente quelli accademici ma quelli più ordinari, pastorali, che egli con grande semplicità rivolge al popolo cristiano e al mondo, per esempio in occasione degli Angelus domenicali; un amore per la bellezza che non può essere disgiunto dall’affabilità della sua persona, caratterizzata da una trasparente gentilezza d’animo, di modi, di stile. Con irriducibile dolcezza e altrettanta fermezza, Benedetto XVI ribadisce la concezione dell’uomo come vertice e finalità ultima del Creato; visione che scaturisce dal Vangelo e che è nitidamente sintetizzata nell’incipit del Catechismo della Chiesa cattolica (art. 1, «La vita dell’uomo – Conosc ere e amare Dio»), che così recita: «Dio, infinitamente perfetto e beato in se stesso, per un disegno di pura bontà, ha liberamente creato l’uomo per renderlo partecipe della sua vita beata. Per questo, in ogni tempo e in ogni luogo, egli è vicino all’uomo. Lo chiama e lo aiuta a cercarlo, a conoscerlo e ad amarlo con tutte le forze. Convoca tutti gli uomini, che il peccato ha disperso, nell’unità della sua famiglia...». A fronte della somma vocazione della persona umana che il Papa continuamente richiama, sta però la mortificante aridità di tanta cultura contemporanea travasata purtroppo nella mentalità dominante. Una cultura che pare aver portato alle estreme conseguenze taluni presupposti anticristiani della modernità, con l’utilità e il tornaconto personale assurti a criterio di giudizio sulle cose, norma tassativa del vivere. Questo mix di aridità e di cinismo fa sì che la morale venga «presa per ipocrisia», come appunto vedeva – lucidamente – il cardinale Ratzinger. Lo si può constatare in questi nostri giorni, nei tanti ingiusti e ingenerosi attacchi alla Chiesa, «rea» di aver detto la sua su Pacs e Dico, quasi fosse spinta – secondo taluni – da un oscuro disegno di potere e non, semplicemente, dalla sollecitudine per il bene, delle persone e della società tutta.
Domenica 04 marzo 2007-Avvenire-
Pace a colui che ha scritto e a chi legge.
Pace a coloro che amano il Signore
in semplicità di cuore.
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