Davide Rondoni
Tre tipi di cupidigia attraversano l'Italia. Tre Italie, tre generi di fame. Intensi, e diversi. Tutti e tre prendono generi di persone di tutti i tipi. Politici, gente di spettacolo, intellettuali. Ma anche commessi, impiegate, autisti, disoccupati.
Sono tre bramosie trasversali agli schieramenti politici, culturali, alle distinzioni di censo. Una è la cupidigia dello scandalo. La vediamo, antica e nuovissima, aggirarsi e addirittura invadere certi momenti della vita comune. Una cupidigia del colpo di scena, del colpo basso, possibilmente. Una fame insana di apparenza su apparenza. Se ne riempiono giornali, chiacchiere tra amici, siti Internet...
Una brama quasi maniacale. Che passa da una vittima all'altra, che trita ogni tipo di legami, che mastica e risputa ogni notizia utile e immagine adatta. Come se, passando di continuo da apparenza ad apparenza, si potesse aver la sensazione di vivere realmente. Come se, mettendosi sotto i denti chiacchiere su chiacchiere, si avesse l'impressione di dire qualcosa. Una cupidigia dilagante, che non conosce ostacoli, e anzi trova molti servi, molti pronti a lanciare l'osso, offrire spago. Una brama che inseguendo il nulla dopo il nulla, finisce per ridurre chi ne è afflitto da una schiavitù del nulla. Li si vede, questi così preoccupati di cosa si dice sui giornali, di ogni virgola, del detto o del non detto. Nevrotici sulla loro e altrui immagine. Preoccupati più di ogni altra cosa di quanto si dice di loro in tv o per le scale del condominio o dal parrucchiere o in palestra.
La seconda è una cupidigia di potere, o di ricchezza che è lo stesso. Perché i soldi sono la prima, più facile e scontata illusione di potere. Anche questa è trasversale. Si sente e si vede in fondo ad occhi che non riescono più a vedere niente se non qualcosa che riguardi il proprio tornaconto. Amanti di una vita comoda, o, se più poveri, affamati come cani di quel che può dare una vita comoda. L'ombra che vela gli occhi degli accattoni ch e sempre più numerosi affollano vie, vagoni e portici è simile a quella che vela gli occhi del manager di successo o della donna in carriera che scrutano come impiegare il proprio giorno o cosa trarre dal prossimo. È una cupidigia antica, e anch'essa però nuovissima per la forza di nuovi strumenti, per la diminuzione di barriere e di richiami. E perciò dilaga anch'essa. Questa seconda Italia, spesso si mescola con la prima, una miscela micidiale. Di cinismo appena appena celato da buone maniere. O persino brusco e sgarbato nelle proprie pretese. Lo vediamo ovunque, ci viene addosso.
Ma c'è anche una terza fame. Che appare e scompare, insomma meno appariscente. La fame di tanti che tirano avanti senza cedere alle due cupidigie di cui sopra. La brama e sì, anche questa una specie di cupidigia, di bellezza, di cose fatte a modo, a misura per lo scopo che hanno le cose. Gente che ha fame di politica che sia politica, spettacolo che sia spettacolo, parole che siano parole e non ristagno. Una terza fame è protagonista nel Paese. Va meno in prima pagina sui giornali. Ma c'è, è altrettanto viva e in caccia di qualcosa che, ogni giorno, possa rispondere al desiderio di significato, di giustizia. C'è nei ragazzi, anche se a volte la esprimono come noi facciamo fatica ad intendere. E spesso gli adulti la mortificano. C'è in tanti che incontriamo per le scale. Una fame normale e sacra, antica e nuovissima.
È un momento grave della vita pubblica. Non basteranno regolamenti come coperte corte sulle ferite che quelle due prime cupidigie hanno inferto nel corpo e nella mente di molti. Dev'essere trattata con più rispetto, con più generosità questa terza fame. Se prevalgono le altre, basterà un nonnulla, una crisi, uno scontro di interessi intorno a un osso, perché divampi un incendio. Ma se ci guiderà un'altra più profonda fame, allora c'è speranza.
Domenica 18 marzo 2007 -Avvenire -
Pace a colui che ha scritto e a chi legge.
Pace a coloro che amano il Signore
in semplicità di cuore.
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