IL DIRITTO ALLA VITA
Usava il computer per comunicare il Vangelo della gioia. La sua esperienza era diventata un libro, scritto da lui stesso tenendo la penna con la bocca
È morto Nino testimone di speranza
Totalmente infermo da 39 anni, dopo una caduta sul lavoro, nel 1978 era «rinato» alla fede
Da Modica Laura Malandrino
Dopo 39 anni di infermità totale e sofferenza vissuta con coraggio nella fede è morto ieri all'età di 56 anni nel letto della sua casa di Modica Nino Baglieri, circondato da tanti amici e dalla sua famiglia. La sua esperienza, già raccontata qualche anno fa da lui stesso in un libro che scrisse con la penna in bocca, «è una storia di sofferenza vissuta nella fede - dice il vescovo di Noto, Giuseppe Malandrino, che aveva incontrato Nino proprio pochi giorni fa -, senza polemiche, in forte alternativa al sistema di oggi che propone l'idea della vita come di un bene disponibile da valutare solo in base alle condizioni o alle sensazioni che lo caratterizzano nelle sue varie fasi».
È il 6 maggio del 1968 quando Nino cade da un'impalcatura al quarto piano mentre intonaca la parete esterna di un palazzo e da quel giorno la sua vita non è più la stessa. Un volo di diciassette metri, lo schianto a terra e una diagnosi tremenda: frattura dalla quinta alla settima vertebra cervicale e un'altra esposta al femore destro. All'ospedale Maggiore di Modica delineano un quadro clinico gravissimo, tanto che si consiglia il trasferimento del paziente presso il più attrezzato nosocomio di Siracusa. All'epoca Nino era un diciassettenne con tanta voglia di vivere e tanti sogni per il futuro. Tutti crollati insieme a lui quel lunedì tiepido di primavera. Le sue condizioni sono così gravi che anche a Siracusa il personale sanitario può fare ben poco. Aspettandosi il decesso, subito consigliano la somministrazione del sacramento dell'estrema unzione. Poi uno dei medici, il professor Carnera, fa un'insolita proposta ai genitori: «Se vostro figlio riuscisse a superare questi momenti, il che sarebbe solo frutto di un miracolo, dovrebbe passare la sua vita in un letto; se voi credete, con una puntura letale potete risparmiare sia a voi che a lui tante sofferenze». Una proposta che la madre di Nino immediatamente rifiuta: «Se Dio lo vuole con sé lo prenda, ma se lo lascia vivere sarò fe lice di accudirlo ogni giorno». Nonostante le cure e numerose consultazioni, la prognosi definitiva non lascia speranza: Nino dovrà trascorrere la vita sdraiato su un letto o su una carrozzina, con il corpo completamente paralizzato e la possibilità di muovere solo la testa. All'inizio nel suo cuore c'è tanta rabbia e disperazione. Poi, dopo dieci anni trascorsi in solitudine, tra pianti e sogni ad occhi aperti, imprecazioni e altrettante preghiere della madre, sente qualcosa che gli scuote profondamente l'anima. Come scrive lui stesso «il venerdì santo del 1978, verso le 17, venne a trovarmi il sacerdote coordinatore del movimento di Rinnovamento nello Spirito, don Aldo Modica, insieme al gruppo di preghiera della mia città. Ero felice di quella visita perché credevo che grazie ad essa il Signore potesse operare in me la guarigione fisica. Chiesi perfino a mia madre di mettermi il pigiama perché fossi vestito nel caso in cui Dio mi facesse la grazia di alzarmi dal letto». Invece, dopo che il sacerdote impose le mani sulla sua testa e tutti si unirono in preghiera, Nino si sentì un uomo nuovo nel cuore. Dieci anni di disperazione cancellati in pochi istanti e una guarigione più grande di quella del corpo: la guarigione spirituale. Nino continuava a non poter camminare, mangiare, lavarsi e vestirsi da solo, ma la sua vita da quel momento cambiò: non sentiva più il letto come una catena, la camera come un'oppressione.
Da allora la croce che il Signore gli ha "affidato" è diventata una compagna. Nel 1982 entra nella famiglia salesiana. Gli succedono cose straordinarie: impara a scrivere con la bocca, a comporre numeri di telefono grazie a un'asticella e a usare il computer. Spinto dal desiderio e dalla volontà di testimoniare il Vangelo della gioia e della speranza a quanti volessero mettersi in contatto con lui e ascoltarlo. Ieri, sul letto di morte, i familiari hanno realizzato il suo ultimo desiderio: vestirlo con tuta e scarpe da ginnastica. La sua vita, commenta il vescovo Malandrino, è stata «una testimonianza di fede vissuta e alimentata nei sacramenti, lucida e profonda, basata anche sulla partecipazione alla vita comunitaria».
Sabato 03 marzo 2007- Avvenire -
Pace a colui che ha scritto e a chi legge.
Pace a coloro che amano il Signore
in semplicità di cuore.
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