SPERANO DI SEMINARE TERRORE
A QUESTO PUNTO VOGLIAMO SAPERE TUTTO
A QUESTO PUNTO VOGLIAMO SAPERE TUTTO
Giorgio Ferrari
Stiamo attenti. Tutti quanti. Molto attenti, perché il fatto non è da sottovalutare né da interpretare con le vecchie griglie concettuali. Perché quei quindici arresti effettuati nelle ultime ore nella palude opaca dei gruppi eversivi di matrice brigatista servono a ricordarci che sotto la cenere degli anni di piombo, a dispetto di tutti i proclami conciliatori e le messe in mora di un passato che non dovrebbe più ritornare, cova qualcosa di pericoloso e soprattutto pronto a esplodere, visto che nel ricco arsenale rinvenuto dalla polizia c'era spazio anche per un lanciamissili e che fra gli obbiettivi di un probabile attentato - il ministro degli Interni Amato ritiene sia stato sventato per poco - c'erano il giuslavorista Pietro Ichino, la residenza di Berlusconi, la sede del quotidiano "Libero".
Chi credeva che con l'arresto di Nadia Desdemona Lioce e dei suoi compagni si fosse frantumato l'estremo lembo dell'utopia violenta delle Brigate Rosse si sbagliava. Frattaglie di nuclei eversivi esistono tuttora e si ha il sospetto che le complicità che hanno permesso loro di riorganizzarsi e di tentare di ricompattare il defunto partito armato vadano al di là di pochi gruppuscoli che agiscono in clandestinità.
Ecco perché è necessario prestare molta attenzione al fenomeno. Perché come nei tardi anni Settanta Br e Prima Linea pescavano a piene mani nel mare torbido dell'autonomia organizzata (quella di Toni Negri e Oreste Scalzone, per capirci), i neobrigatisti di oggi (la cui appartenenza paraideologica al filone marxista-leninista è acclarata da innumerevoli fonti documentarie rinvenute dagli investigatori e da magistrati di provata esperienza come i milanesi Ilda Boccassini e Guido Salvini) si abbeverano in quella sottocultura apparentemente dormiente in realtà ben viva in tutta Europa che un tempo aveva come centro ideale la Francia accogliente di Mitterrand. Che fu e rimane approdo generoso per brigatisti e fuoriusciti dell'ultrasinistra come il pluriomicid a Cesare Battisti o i succitati cattivi maestri dell'autonomia padovana.
Oggi però la culla dell'eversione è più frastagliata. La nutre e la protegge un'entità cui per il momento non vogliamo dare un nome, ma che ha radici un po' ovunque, dai centri sociali ai disobbedienti fino agli anarco-insurrezionalisti, senza trascurare lembi invecchiati del sindacalismo insieme a una silenziosa e non meno colpevole complicità che sovente si riscontra nel mutismo politico della sinistra radicale. Sì, a questo punto vogliamo sapere tutto, chiediamo agli inquirenti - cui va la nostra gratitudine - di indagare senza riserve per alcuno.
Ripensare in questo contesto alle recenti apparizioni (peraltro inopportunamente amplificate dai media oltre la loro reale portata) di almeno due esponenti di quegli anni esecrabili - Sofri, Scalzone - e di un portavoce della disobbedienza - Casarini - ci riporta al nostro monito iniziale: stiamo attenti. Stiamo attenti perché l'esercizio inalienabile della libertà di espressione non diventi quel soffio che - sociologi come il teorico della guerra molecolare Hans Magnus Enzensberger lo sanno bene - attizza il fuoco delle utopie più autodistruttive. In altre parole, perché non vi siano equivoci: che i torbidi maestri del passato (pentiti o no che siano) e quelli del presente, abbiano l'accortezza di misurare molto bene le proprie parole. Questione di responsabilità. Se ne posseggono una qualche cognizione.
Martedi 13 febbraio 2007-Avvenire
Pace a colui che ha scritto e a chi legge.
Pace a coloro che amano il Signore
in semplicità di cuore.
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