
Lavoro = Sofferenza - La carriera una strada crudele e dolorosa, il successo un'affermazione che ha molto più a che fare con la pedacogia della mortificazione che con quella della gratificazione e dell'appagamento. Tutti vorrebbero svincolarsi dal braccio egoistico e crudele del lavoro. Vorremmo non essere usati e svuotati, riempiti di rabbia e frustrazione. Tutti vorrebbero realizzarsi, esprimere il proprio valore, star bene anche al lavoro.
Il lavoro oggi richiede alle persone performance elevate ad alto costo umano. Flessibili, competitivi, pronti al rischio, nomadi.
Chi lavora nella società dei servizi è costretto a fare i conti con la velocità di risposta. Bisogna fare, rispondere alle varie utenze, in gran fretta. Non basta essere iperveloci, all'orizzonte ci sono sempre obiettivi da raggiungere. E non c'è scampo, ognuno risponde della propria efficienza e produttività come dei propri errori. E' una situazione estrenuante e stressante perchè se velocità e obiettivi non si realizzano il lavoro non funziona, si è giudicati incapaci e sentirsi frustrati è inevitabile. Il lavoro ormai è mutevole e precario, spesso senza sede, senza scrivania e senza orario. Informatizzato, poggia sul principio di sostituibilità delle intelligenze. E' altamente competitivo e invasivo dell'intera giornata. Divoratore di tempo libero, amicizie, affetti e sentimenti.
Un lavoro che crea: stanchezze, noia, invidia, rivalse, odio e vendette.
Un lavoro che ha sostituito alle relazioni con le persone i rapporti con i ruoli e tra i ruoli: il capo, il vice , il collega, il cliente ecc..
Stress da ufficio - sintomi fisici e psichici: nodo alla gola, difficoltà digestive, grande sudorazione specialmente alle mani, battiti veloci e irregolari del cuore, respirazione corta, dolori alla schiena, alla testa e al collo, disturbi del sonno senzazione di mancanza di tempo, frequenti atti maldestri, distrazione, pessimismo, irritabilità, ansia e preoccupazione, senso di solitudine, crisi di pianto.
In questo contesto è inevitabile che le identità diventino fragili, che gli individui si sentano schiacciati, defraudati dei propri obiettivi personali. Vittime degli eventi. Demotivati. Ecco allora che cresce il disagio, la sofferenza, l'insoddisfazione.
Alla fine se non reagiamo non ci resta che macerarsi nel proprio vittimismo, incattivirsi e infine deprimersi.
Lo stress dipende dalla rappresentazione che ci facciamo noi degli eventi e dalle nostre reazioni ai momenti critici, e da cosa riusciamo a fare per rispondere in modo più o meno positivo a ciò che ci succede. Dipende da quanto riusciamo a diventare resilenti. La resilenza è la capacità di affrontare gli avvenimenti dolorosi, di incanalarli, macinarli e poi rimettersi in piedi. Parola che le scienze sociali ha preso in prestito dall'ingegneria delle costruzioni. Resilenza indica la capacità di certi materiali di recuperare la propria forma dopo essere stati sottoposti a una qualsiasi pressione. Resilenza significa duttilità, è la forza di chi riesce a superare uno stress o un duro colpo inferto nella vita: è la capacità di assorbire l'energia che lo colpisce e trasformarla senza farsi schiacciare. Esattamente l'opposto della fragilità. La resilenza è una dote potenziale: va esercitata e incoraggiata, richiede una disciplina, un lavoro educativo a tappe, di elaborazione dell'esperienza che l'individuo deve fare con sè. Un percorso di sviluppo individuale.
Pace a colui che ha scritto e a chi legge.
Pace a coloro che amano il Signore
in semplicità di cuore.
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